Piante micorrizate da tartufo - Piante Tartufigene certificate

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Piante micorrizate da tartufo

Tartuficoltura

Roverella (Quercus pubescens Willd.)

La roverella è la più diffusa tra le nostre querce, predilige i suoli calcarei per cui è un simbionte perfetto per tutte le specie di tartufo e pertanto ampiamente utilizzata in tartuficoltura.
Specie a foglie caduche, deve l’attributo specifico pubescens alla fitta peluria biancastra presente sui rami e nella pagina inferiore delle foglie giovani. Le foglie hanno 5 – 6 lobi per lato profondamente incisi e la pagina superiore verde scuro. Le ghiande maturano in ottobre, sono affusolate, piccole, avvolte fino alla metà dalla cupola. La cupola è formata da squame pelosette, grigiastre, appressate e di forma triangolare.
Ha un ampio areale sud europeo, frequente in Provenza, si spinge fino ai Balcani e alla Turchia, è rara nella penisola iberica dove è sostituita da Quercus faginea Lam..
In Italia è diffusissima soprattutto nelle zone calcaree dal piano fino a mille metri. Tra le querce caducifoglie è la più resistente alla siccità. Si adatta a terreni anche superficiali, purché calcarei.
Il Vivaio produce un elevato numero di Roverelle micorrizate con T. melanosporum e T. aestivum in quanto è la specie più utilizzata in tartuficoltura. Nei primi anni di coltivazione ha un accrescimento piuttosto lento, comportamento a cui il vivaio cerca di ovviare fornendo piante robuste, lignificate e con un apparato radicale abbondante e ben ramificato, in modo da limitare lo stress da trapianto e assicurare un rapido accrescimento iniziale.


Roverella da tartufi
Il Leccio (Quercus ilex L.)

Quercia sempreverde con portamento cespuglioso o, più spesso arboreo. Può raggiungere i 25 metri di altezza, superare un metro di diametro del tronco e i 1000 anni di età. Ha una chioma densa e globosa di colore verde scuro. Le foglie sono coriacee, verde scuro e lucide nella pagina superiore, bianche e tomentose in quella inferiore. Le foglie possono avere forme e dimensioni molto diverse anche sulla stessa pianta. Le ghiande di dimensioni variabili, sono di colore marrone con striature più scure, hanno punta allungata e sono avvolte fino a metà dalla cupola. Maturano in autunno inoltrato.
Il Leccio è tra le specie forestali più utilizzate in tartuficoltura, è un ottimo simbionte per Tuber melanosporum e T. aestivum.
Il suo areale principale è mediterraneo occidentale (Marocco, Portogallo, Algeria, Tunisia, Spagna, Francia, Italia), alcune stazioni si ritrovano nella costa Dalmata, Albania, Grecia, Turchia.
Si adatta abbastanza bene alle basse temperature però a – 15 gradi si ha il danneggiamento delle foglie. Il suo ottimo di vegetazione sono le aree con almeno 800 mm di pioggia l’anno, sopporta la siccità estiva ma se è prolungata si può avere la caduta anticipata delle foglie.
Predilige terreni ben drenati e non tollera i ristagni idrici. Può essere coltivato fino a 700 metri in Italia centrale e fino a 1000 in Sardegna.
In tartuficoltura si utilizzano piante allevate in serra di uno, massimo due anni di età per cui sensibili agli stress climatici, non va utilizzato nei fondovalle poco soleggiati con temperature invernali rigide, nei primi due anni necessita di irrigazioni di soccorso in caso di siccità primaverile estiva prolungata.
Inizia a produrre dopo quattro - cinque anni dalla messa a dimora. la piena produzione si ha dal decimo anno in poi. La fruttificazione è costante e prolungata.
Gli intenditori sostengono che i tartufi prodotti dal leccio siano i migliori in assoluto.
Il Vivaio, per antica tradizione, produce specie arboree arbustive dedicate alle aree mediterranee ed è particolarmente orgoglioso di aver introdotto, nell’allestimento vivaistico, piante di Leccio micorrizate con Tuber melanosporum e Tuber aestivum destinate alla tartuficoltura delle aree mediterranee italiane ed europee.


Leccio tartufigeno
Pino d’Aleppo, Aleppo Pine, Pin d’Alep, Pino carrasco, Seekiefe
 
(Pinus halepensis Mill.)

Albero sempreverde, raggiunge l’altezza di 15 – 20 metri. Portamento ombrelliforme negli individui adulti, chioma lassa, leggera, verde chiaro. Corteccia grigio chiaro, rossastra nelle fenditure. Le foglie aghiformi, sono portate in fascetti di due, sono sottili e morbide, lunghe fino a 12 cm. Pigne lunghe da 5 a 12 cm, solitarie o a coppie, maturano in 3 anni ma possono rimanere sull’albero per molti anni. I semi sono bruno scuro e provvisti un’ala allungata.
 
Il Pino d’Aleppo deve il suo nome alla confusione fatta con una specie simile, Pinus brutia, che è effettivamente presente nei d’intorni della città di Aleppo.
 
Il suo areale di distribuzione è compreso nelle coste mediterranee del Nord Africa, della Spagna e della Grecia. In Italia le pinete più ampie si trovano in Puglia sulle coste del Gargano e lungo il litorale tarantino, altri nuclei più o meno estesi sono presenti sulla costa ligure, nel livornese, in Sardegna (Porto Pino), in Campania e nella Sicilia meridionale. Pur essendo una specie con distribuzione costiera e termomediterranea è presente in Umbria (Valnerina e Valle Spoletina) dove è un ottimo produttore di T. melanosporum e T. aestivum.
 
Ha una scarsa resistenza alle gelate, subisce danni a temperature inferiori a – 15 °C, ma è molto resistente all’aridità, alcune pinete sono situate in stazioni con 300 – 400 mm di pioggia l’anno.
 
Vive su terreni calcarei anche molto poveri, preferisce le zone costiere e di rado penetra nell’entroterra fino a 600 ms.l.m.
 
 
Il Vivaio produce Pino d’Aleppo micorrizato con tartufo nero estivo appositamente per gli impianti tartufigeni realizzati negli areali mediterranei italiani ed europei.
Pino D'Aleppo tartufigeno
 
Pino domestico (Pinus pinea L.)

 
Albero sempreverde, portamento a ombrello, chioma verde intenso, foglie aghiformi, portate in fascetti di 2, lunghe fino a 12 cm. Le pigne sono pesanti, globose, con squame spesse rosso bruno e lucide. Ogni squama porta due grossi semi (pinoli) commestibili, protetti da un guscio legnoso. La maturazione avviene in tre anni.
 
Il Pino domestico si identifica con il pino mediterraneo per eccellenza in quanto la sua chioma a ombrello caratterizza il panorama costiero italiano ed europeo.
 
Il suo areale sono le coste del Mediterraneo e, in parte, del Mar Nero. Le pinete più estese si situano in Spagna e in Portogallo, abbondante anche in Turchia e in Libano. Scarseggia in Grecia e sulla costa dalmata, presente occasionalmente anche in Libia e in Egitto.
 
In Italia è coltivato da lunghissimo tempo per la produzione di legno, dei pinoli e per il consolidamento delle dune, per cui è difficile stabilire se le pinete di pino domestico, sono di origine naturale o artificiale.
 
Presente in quasi tutte le regioni, le maggiori estensioni si riscontrano sulla costa tirrenica (Toscana e Lazio), in Sicilia e Sardegna si trova fino a 700 ms.l.m.
 
Resiste bene all’aridità anche se prospera in regimi pluviometri di 800 mm l’anno, predilige terreni sciolti e sabbiosi e teme i ristagni idrici che inducono marciumi radicali.
 
Molto esigente in fatto di luminosità per cui, in coltura, si devono adottare sesti ampi anche in considerazione delle dimensioni delle piante adulte.
 
Il Pino domestico è un buon simbionte soprattutto per T. aestivum, il Vivaio lo ha inserito nel suo progetto di piante a duplice attitudine per la produzione di frutti (pinoli) e tartufo.
Pino domestico
 
Pino Silvestre (Pinus sylvestris L.)

 
Pianta sempreverde di prima grandezza, può raggiungere anche i 40 metri. Il fusto è cilindrico slanciato, fino un metro di diametro. La corteccia è di colore bruno grigiastro, tende a sfaldarsi in scaglie dando, alla parte alta del fusto, il tipico colore ocra arancione. La chioma di colore verde glaugo, le foglie sono aghiformi grosse e rigide e sono riunite in fascetti di due. Le pigne sono decisamente coniche.
 
Il Pino silvestre è il Pino con l’areale maggiormente esteso in Europa e va dalla zona boreale fino alla mediaeuropea, in Svezia e Finlandia è usato per la prodizione di legname di pregio.
 
In Italia è presente in tutta la zona alpina, in Liguria e Piemonte si trova anche sull’Appennino.
 
Sopporta temperature invernali anche gelide e si adatta alle estati calde e lunghe, ha però bisogno di molta luce.
 
Predilige terreni profondi e sciolti, è indifferente al pH quindi prospera nei terreni alcalini idonei per la produzione dei tartufi.
 
Il Vivaio produce piante micorrizate di Pino Silvestre idonee per impianti tartufigeni delle zone alpine e prealpine e per le aree appenniniche di Liguria e Piemonte.

Pino Silvestre
Cisto rosso (Cistus incanus L.)

Al genere Cistus appartengono le uniche specie arbustive simbionti con i tartufi.
In Italia il più diffuso è il cisto rosso, specie che ha un portamento cespuglioso con rami corti e intricati, densamente lanosi, le foglie presentano una superficie grinzosa con il margine orlato da un feltro bianco e somiglianti a quelle della salvia comune, ha fiori abbastanza grandi e appariscenti per la bella colorazione rosa intenso. Fiorisce da maggio a giugno.
È una specie tipica della macchia mediterranea, comune in Sicilia, Sardegna e isole minori, risale la penisola fino ai Colli Romagnoli, Valdarno e Versilia, è presente in stazioni isolate in Liguria e Veneto (Bosco Nordio).
In natura contrae la simbiosi micorrizica soprattutto con Tuber aestivum e T. melanosporum, in coltivazione non è molto usata in quanto è specie poco amata dai vivaisti per la scarsa capacità germinativa del seme, per le ridotte dimensioni delle plantule che ne rende difficoltosa la manipolazione al momento degli inoculi e per gli apparati radicali formati da radici lunghe e poco ramificate.  
Non è molto usata dai tartuficoltori perché si pensa abbia una vita breve e una scarsa capacità produttiva.

Il Vivaio produce piante di Cisto micorrizate con T. melanosporume T. aestivumin quanto non ha riscontrato un comportamento diverso dalle altre specie tartufigene per longevità e produttività. Il cisto, per le sue ridotte dimensioni, può essere usato in prossimità delle recinzioni, negli angoli degli appezzamenti per sfruttare al meglio gli spazi o vicino ai cancelli d’ingresso delle tartufaie per dare un tocco di gentilezza alle piantagioni.

Cisto rosso
Bibliografia consultata e consigliata
BERNETTI G. 1995 “Selvicoltura speciale”, Utet
UBALDI D. 2003 "la vegetazione boschiva d'Italia",Clueb
Index Plantarum Flora Italicae - Indice dei nomi delle specie botaniche presenti in Italia

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